giovedì 27 febbraio 2014

Paolo Nori - La meravigliosa utilità del filo a piombo

Ecco. Dopo, per finire, io credo che, adesso è difficile dirlo, ma, secondo me, la cosa più triste che può capitare a uno che scrive dei libri, in vita, è diventare uno scrittore importante, assumere quel tono e quell’aria lì che sembra che dica Guardatemi, guardatemi come sono bello come sono intelligente come sono anticonformista come sono al di sopra di tutto e fiero delle mie scelte. Ecco quegli scrittori lì, secondo me, gli scrittori ufficiali, che sulla carta d’identità potrebbero averci scritto, sotto la voce mestiere: Intellettuale, o ancora meglio: Maitre a penser, ecco quelli lì, mi sbaglierò, ma quelli lì, secondo me, non mi ispirano fiducia. A me ispirano fiducia quelli che un po’ hanno vergogna, del loro ruolo pubblico, che lo guardano con sospetto e come cosa forse inevitabile, ma spiacevole molto. 
[…]
Ma, secondo me, adesso è difficile dirlo, e poi magari mi sbaglio, se è vero che come diceva Sklovskij il colore della letteratura non riflette mai il colore della bandiera che c’è sulla cittadella del potere, è anche vero che il colore della letteratura non riflette mai il colore della bandiera che c’è sulla cittadella dell’opposizione; lo scrittore, secondo me, ammesso che esista, è uno che, senza volerlo, spacca delle finestre, dove è importante lo spaccare delle finestre ma è importante anche la mancanza d’intenzione e la letteratura, secondo me, ammesso che esista, tra le tante altre cose, uno dei vantaggi che ha, è il fatto di non essere sottomessa alla dittatura dell’attualità, di non dovere per forza parlare delle cose di cui parlano tutti, di poterle ignorare, quelle cose, per occuparsi di cose apparentemente meno interessanti

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